giovedì 23 febbraio 2017

Non è un paese per abortire

Le dimensioni del cancro che ha divorato lentamente ma inesorabilmente la possibilità per le donne, sancita dalla famosa legge 194, di interrompere volontariamente una gravidanza, ci è ben restituita dalle polemiche che hanno accompagnato l’esigenza dell’ospedale San Camillo di Roma, di assumere due ginecologi (in realtà precari stabilizzati) che fossero disposti a portare avanti degli aborti. L’amministrazione ospedaliera ha ritenuto necessario specificare questa tra le mansioni per porre un freno a una situazione vergognosa è inaccettabile che ha determinato l’impossibilità di abortire in intere province italiane (ad esempio il frusinate per limitarci al Lazio). Così il tentativo, in realtà timido e debole, di far rispettare una legge dello stato (ma innanzitutto un sacrosanto diritto delle donne!) diventa una vittoria del fronte abortista e si sprecano le dichiarazioni rassicuranti verso gli ultras antiabortisiti (Zingaretti) o i veri e propri tentativi di delegittimare la scelta del San Camillo (ministra Lorenzin in testa).

Dello stato di questo diritto massacrato ad libitum abbiamo parlato con Elisabetta Canitano, ginecologa romana e attivista per i diritti delle donne con la sua associazione Vita di donna

obiettori lazio