martedì 18 maggio 2021
Onde indopacifiche 20

La rubrica condotta da Sabrina Moles questa settimana scende dall’Himalaya, seguendo la pandemia per tutto il continente.
Nepal, avvolto nella crisi governativa tra i partiti comunisti, con problemi di distanziamento d’alta quota e l’ossigeno che non può venire usato per escursioni; Giappone, aspre e anodine proteste contro la nuova premiership un po’ opaca, con problemi olimpici – e costretta a demandare al Coni la decisione se tenere colpevolmente la tornata olimpica con un ritardo soltanto di un anno (uno smacco per il paese dei treni in orario); India, dove la leadership di Modi esce offuscata dalle elezioni, con i cadaveri che sconfinano sul Gange tra stati del subcontinente e le bombole d’ossigeno che trasmettono contagi per l’approssimazione della asetticità in ambienti sanitari indiani; Sudest, alle prese con la terrificante crisi birmana, che viene sorpreso dalla pandemia… persino l’argine di Taiwan comincia a creparsi.
Allora la Cina erge paletti e muri antiCovid avvicinandosi a larghi passi alla gloriosa data del 23 luglio, centenario della fondazione del Pcc, rinfocolata da migliaia di bot dell’Ufficio affari esteri che sui social diffondono i comunicati dei “wolf warriors” cinesi glorificanti il governo di Pechino proprio per la gestione della pandemia. I problemi invece si affacciano quando si guarda ai numeri del censimento, che fotografa una società che tende a invecchiare; ma nello Xinjiang aumentano le nascita… di etnia han.
In Myanmar l’esercito non riesce a soffocare le proteste e a imporre la pax golpista di Hliang, anzi: si nota l’importanza della gioventù e della bellezza nella società birmana, visto che l’attuale candidata a miss Universo si è giocata la gara preferendo denunciare sulla passerella le malefatte del regime e addirittura una miss mondo di qualche nano fa ha gettato la vita borghese e si è arruolata in un esercito etnico. Mentre i giovani birmani non recedono dall’impegno antitotalitario proseguono invece le fughe di notizie su approvvigionamenti di armi italiane e di complicità della multinazionale petrolifera francese con la giunta.
Da segnalare infine che con l’annunciato ritiro delle truppe d’occupazione dell’Afghanistan si eliminerebbero i motivi per cui si registrano attentati nel momento in cui i talebani cercano di rassicurare su quali saranno le loro prime mosse una volta tornati a esercitare il potere; comunque dopo 20 anni si sbloccherà qualcosa e vedremo come evolverà quella comunità composita di più etnie – e che all’interno dei Talebani stessi è molto frammentata – che vive su un territorio importante per la sua collocazione strategica.
“20 L’Asia non cinese travolta dalla pandemia anche olimpica”.